GUCCI, Lo spettacolo del backstage

Durante lo spettacolo alla Milano Fashion Week gli ospiti che hanno assistito alla sfilata di Gucci hanno potuto vivere un’esperienza diversa da tutte le altre.

Come sempre Gucci riesce a stupire tutti fin dall’inizio del suo show, Alessandro Michele, direttore creativo di Gucci, è riuscito a portare uno show nello show stesso. Durante lo spettacolo alla Milano Fashion Week gli ospiti che hanno assistito alla sfilata di Gucci hanno potuto vivere un’esperienza diversa da tutte le altre.

Non solo gli ospiti hanno assistito alla sfilata in se, ma anche al backstage, una giostra mostrava le stylist che preparavano le modelle per sfilare nello show di Gucci, anche lo stesso direttore creativo, Alessandro Michele, era lì nel backstage.

Alessandro Michele per lo show presentato alla Milano Fashion Week di quest’anno si ispira a Fellini e poco prima dell’inizio della sfilata pubblica sul profilo Instagram ufficiale di Gucci una lettera scritta a mano:

Un rito che non ammette repliche

Ho sempre pensato alla sfilata come a un accadimento magico capace di sprigionare incantesimi. Un’azione liturgica che sospende l’ordinario, caricandolo di un sovrappiù di intensità. Una processione di epifanie e pensieri dilatati che si accomodano in una diversa partizione del sensibile.
In questa festa che si nutre di attesa, il mio pensiero trova la sua forma e si fa pubblico. Annoda ossessioni e spinte antigravitazionali. Sosta sull’improbabile. Accarezza quella nostalgia d’umano che altri chiamano imperfezione. Cuce, con la precisione dell’amore, ogni più piccolo dettaglio della scena per offrirlo a una comunità di interpreti.
C’è l’incanto del dono, in questo rito che non ammette repliche. C’è la promessa di una consegna preziosa. Le luci si spengono. Gli adunanti sostano in attesa, con mani aperte. Tutto tace perfettamente, per accogliere i miei battiti storti e le mie vertigini.
A questa tribù di spettatori emancipati offro la mia poetica. Che ne facciano interrogazione profonda. Che mi aiutino a comprenderla. Potranno tradurla o tradirla. Usarla per ridestare domande sopite. Oppure semplicemente respingerla, in assenza di varchi di compassione. Il dono è materia viva, un rebus il cui significato non appartiene a nessuno.
Anche oggi abiteremo questo rito, per me sacro. Un corteo di passi disegnerà lo spazio, come rintocchi nel tempio. Misteriose imbastiture presteranno il loro giuramento alla luce. Una partitura di note magnificherà profezie impresse su corpi in movimento.
C’è tuttavia qualcosa che, in questa cerimonia, solitamente rimane sepolto: lo sforzo del partoriente che accompagna il tremore della creazione; il ventre materno in cui la poesia, da forma a forma, fiorisce. Ho deciso quindi di alzare un velo su ciò che ama nascondersi. Che esca dall’ombra quel miracolare di mani sapienti e di respiri trattenuti. Che si faccia visibile quell’intelligenza collettiva che cura la gestazione, con brivido che infuria. Che si costruisca un trono per quell’alveare scalcagnato e un po’ folle che ho scelto come casa.
Perché quella è la casa che venero: il varco benedetto attraverso cui la bellezza esce dal guscio.
Alessandro

Il direttore artistico ha mixato i classici tailleur agli abiti vittoriani, abiti ad ispirazione gotica e collane con grandi crocifissi dorati. Gli accessori erano molti, come guanti, cuffie, cappelli, cerchietti, e troviamo anche un mix di tessuti, come sui polsini o i colletti.